Investigatore Privato, Agenzia IDFOX Milano_Quali diritti e doveri hanno i conviventi verso i figli?

Rapporti coi figli nel caso di coppia di fatto: riconoscimento, affidamento, mantenimento, collocazione e assegnazione della casa familiare. 

I rapporti esistenti tra genitori non alterano i loro diritti e doveri verso i figli. Sicché, anche alle coppie di fatto si applicano le stesse norme previste per le coppie sposate o separate. Dunque, per stabilire quali diritti e doveri hanno i conviventi verso i figli bisogna far riferimento a una qualsiasi coppia di genitori.

A scanso di equivoci, qui di seguito, forniremo alcuni chiarimenti pratici.

Dovere di riconoscimento

Forse, l’unica particolarità che distingue i conviventi dalle coppie unite in matrimonio sta nell’obbligo di riconoscimento che spetta al padre naturale dopo la nascita del figlio. Il riconoscimento, che avviene presso l’anagrafe del Comune di nascita, serve ad ufficializzare il rapporto di genitorialità che, senza tale dichiarazione, non potrebbe sussistere come invece per le coppie sposate. Difatti, il padre della coppia sposata è tenuto solo a dichiarare la venuta al mondo del bambino il quale, a seguito di ciò, si considera automaticamente suo figlio proprio in ragione del rapporto di coniugio che lo lega alla madre.

Il genitore naturale è obbligato a riconoscere il figlio. Se non vi provvede, può imporglielo la compagna o il figlio stesso attraverso un’azione giudiziaria e il test del Dna.

Il padre naturale che non ha riconosciuto il figlio è tenuto a risarcirgli il danno patrimoniale e morale.

Obblighi dei genitori conviventi verso i figli

Come le coppie sposate, anche i genitori naturali assumono nei confronti dei figli tutti i doveri di mantenimento, istruzione, educazione ed assistenza nel rispetto delle loro capacità, delle loro inclinazioni naturali e delle loro aspirazioni.

Ai doveri dei genitori naturali corrispondono anche i relativi diritti, come ad esempio quello di visita in caso di separazione e il diritto a ricevere gli alimenti dal figlio nel caso in cui il genitore dovesse versare in una situazione di grave difficoltà economica.

I figli delle coppie di fatto sono eredi legittimari: hanno quindi sempre diritto a una quota del patrimonio dei genitori e non possono essere diseredati.

Obbligo di mantenimento durante la convivenza

Entrambi i genitori sono tenuti al mantenimento del figlio in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo e ciascuno ha il dovere di fare tutto il possibile perché il figlio abbia quanto gli occorre anche nel caso in cui l’altro genitore si renda inadempiente. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli.

Diritti e obblighi verso i figli della coppia di conviventi in caso di separazione

Il rapporto che si instaura tra genitore e figlio nell’ambito della famiglia di fatto ha i medesimi caratteri e contenuti morali e materiali del legame tra genitore e figlio nella famiglia fondata sul matrimonio.

Ne consegue che, in caso di rottura della convivenza tra i genitori, i rapporti tra genitori e figli, dovranno regolarsi in termini identici, sia per l’affidamento che per il mantenimento.

Se non c’è accordo tra i genitori, bisogna ricorrere al giudice il quale prenderà posizione su quattro aspetti:

  – l’affidamento del figlio;

  – la collocazione del figlio;

  – l’assegnazione della casa familiare;

  – l’assegno di mantenimento per il figlio.

Quanto all’affidamento, questo è di norma congiunto (spetta cioè ad entrambi i genitori) salvo particolari e gravi incapacità di uno dei due genitori (nel qual caso si provvede all’affidamento esclusivo) o di entrambi (nel qual caso si procede all’assegnazione a una casa famiglia e all’adozione). L’affidamento consiste nel potere di partecipare alle scelte più importanti per l’educazione, la crescita, l’istruzione e la salute dei propri figli. Ragion per cui tutte le principali scelte, in caso di affidamento condiviso, dovranno essere concordate tra padre e madre.

L’affidamento vale solo per i figli minorenni, essendo i maggiorenni capaci d’intendere e volere e quindi responsabili in proprio.

Quanto alla collocazione, ossia alla residenza del minore, questa viene scelta secondo il suo esclusivo interesse presso quella di uno solo dei genitori, con diritto dell’altro di farvi visita a giorni alterni tutte le settimane, secondo il calendario concordato dai genitori o, in assenza di intesa, fissato dal giudice. È dovere del genitore non collocatario andare a trovare il figlio con continuità.

L’assegnazione della casa familiare segue la collocazione del figlio: significa che il giudice attribuisce il diritto di abitazione nell’appartamento ove prima viveva la famiglia al genitore presso cui il figlio va a vivere.

Infine, c’è il mantenimento costituito da un obbligo di contribuzione forfettario alle spese ordinarie e alla partecipazione, di volta in volta, alle spese straordinarie (quelle urgenti e necessarie non devono essere pre-concordate tra i coniugi).

Ciascun genitore, salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, deve provvedere alla soddisfazione dei bisogni dei figli in misura proporzionale al proprio reddito.

Ovviamente, l’accordo raggiunto e liberamente sottoscritto dai genitori può prevedere una ripartizione nel concorso degli oneri anche non proporzionale tra gli stessi ma comunque non deve essere contrario all’interesse dei figli. Il giudice, difatti, prende atto degli accordi intervenuti tra i genitori se non contrari all’interesse dei figli.

Un accordo intervenuto tra i genitori non coniugati e non conviventi non richiede che sia omologato o controllato dal giudice in via preventiva. Tuttavia, avendo tale accordo ad oggetto l’adempimento di un obbligo di legge, il suo contenuto deve sempre rispondere all’interesse morale e materiale della prole.

Come funziona il mantenimento del figlio?

Se i genitori non trovano un accordo sull’assegno di mantenimento da versare in favore del figlio minorenne, portatore di handicap o maggiorenne non ancora autosufficiente, il giudice, ove necessario, al fine di realizzare il principio di proporzionalità può determinare un assegno periodico a carico di un genitore e a favore dei figli prendendo in considerazione:

  – le attuali esigenze del figlio;

  – il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori;

  – i tempi di permanenza presso ciascun genitore;

  – le risorse economiche di entrambi i genitori;

  – la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.

Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi.

L’assegno di mantenimento deve essere automaticamente adeguato agli indici Istat in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice.

L’obbligo dei genitori di mantenere la prole che incombe su entrambi i genitori in proporzione delle rispettive sostanze, non cessa con il raggiungimento della maggiore età da parte del figlio, ma perdura, immutato, sino a quando il medesimo non abbia le condizioni (anche solo potenziali) per raggiungere un’indipendenza economica. Questo significa che il figlio ha diritto al mantenimento solo fino a quando porta avanti un progetto formativo o l’istruzione o dimostri che la propria condizione di disoccupazione non dipende da sua inerzia. Al maturare di 30-35 anni, la giurisprudenza revoca l’assegno di mantenimento, presumendo che l’assenza di lavoro dipenda da un comportamento colpevole del giovane.

I figli portatori di handicap grave hanno sempre diritto al mantenimento.

Con chi va a vivere il figlio?

La scelta della residenza abituale del minore deve essere assunta di comune accordo da entrambi i genitori e, in caso di disaccordo, la decisione è rimessa al giudice che si basa sul prevalente interesse del figlio e sentendo il suo parere (se ha almeno 12 anni).

In presenza di figli minori, ciascuno dei genitori è obbligato a comunicare all’altro, entro il termine perentorio di trenta giorni, l’avvenuto cambiamento di residenza o di domicilio. La mancata comunicazione obbliga al risarcimento del danno eventualmente verificatosi a carico del coniuge o dei figli per la difficoltà di reperire il soggetto.

Assegnazione della casa familiare

La disciplina sull’assegnazione della casa familiare dettata dalla legge per le coppie sposate è applicabile ai figli dei genitori non coniugati. Pertanto, in caso di scioglimento del rapporto tra conviventi, il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli.

Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente la casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio

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