Investigatore privato_Assegno di divorzio alla ex che sacrifica la carriera per la famiglia

Ai fini dell’assegno divorzile, ricorda la Cassazione, è necessario considerare il sacrificio delle aspettative professionali della ex moglie per privilegiare quelle del marito

 

Nel determinare l’entità dell’assegno divorzile in favore dell’ex moglie più debole economicamente si deve tenere conto anche di quanto sacrificato professionalmente dalla stessa per dedicarsi alla famiglia e alla carriera dell’ex marito e del contributo fornito alla formazione del patrimonio familiare e personale anche dell’altro coniuge. L’assegno divorzile ha una funzione compensativa e perequativa, espressione del superiore principio di solidarietà, per cui se lo si dimezza, è necessario fornire una motivazione logica, adeguata e coerente, che deve tenere conto di tutti gli aspetti specificati dalla giurisprudenza più recente in materia. Questa in sostanza la motivazione dell’ordinanza n. 3852/2020 della Cassazione a conclusione della vicenda processuale che si va a illustrare.

Il Tribunale pronuncia la cessazione degli effetti civili del matrimonio e pone a carico dell’ex marito l’assegno divorzile in favore della ex moglie di 2000 euro mensili. La Corte d’Appello però, in parziale accoglimento delle istanze del marito, riduce l’assegno divorzile a 1000 euro, esattamente la metà di quanto disposto dal giudice di primo grado.

Raffrontando le risorse economiche e patrimoniali dei coniugi e le potenzialità lavorative della donna la Corte ritiene infatti congruo detto importo. La ex moglie vanta esperienza nel settore del commercio e dopo la separazione ha collaborato nell’attività commerciale del fratello, anche se non è stata dimostrata la misura del suo apporto e la percezione di redditi in relazione alla stessa.

 

Divario situazioni economiche dei coniugi

Contrariata dall’esito della decisione la ex moglie si rivolge alla Corte di Cassazione sollevando tre motivi di ricorso.

  • Con il primo lamenta il percorso del ragionamento della Corte, perché non appare logico, coerente e congruo. La stessa infatti, dopo avere accertato il palese divario tra le situazioni economiche dei coniugi (lui notaio titolare di due studi e professore universitario), non ha comunque preso in considerazione l’apporto della stessa alla vita matrimoniale e al tenore di vita goduto durante il rapporto di coniugio.
  • Con il secondo contesta sia la collaborazione nell’attività del fratello, non provata, che la nuova convivenza, così come la valutazione della Corte sulla sua possibilità lavorativa, perché in netto contrasto con i documenti prodotti.
  • Con il terzo motivo infine ritiene che la Corte abbia errato nello stabilire la decorrenza dell’assegno divorzile dal passaggio in giudicato della sentenza, senza nulla disporre per il periodo anteriore.

 

Assegno divorzio: rileva anche il sacrificio professionale

La Corte di Cassazione, che accoglie il ricorso della moglie con l’ordinanza n. 3852/2021, ricorda, per quanto riguarda i primi due motivi che esamina congiuntamente, che la recente giurisprudenza riconosce all’assegno divorzile una funzione compensativa e perequativa.

Nel determinare la misura dello stesso il giudice deve procedere a una valutazione comparativa delle situazioni economiche dei coniugi, deve tenere conto del contributo fornito alla formazione del patrimonio familiare e individuale da parte del coniuge che chiede l’assegno, della durata del matrimonio e dell’età dell’avente diritto.

La natura perequativa e compensativa, espressione del dovere di solidarietà costituzionalmente previsto, prevede in pratica che l’assegno divorzile debba essere corrisposto al coniuge richiedente in misura tale da garantirgli “un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate.”

L’assegno divorzile non deve garantire lo stesso tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. Esso però come già precisato, deve riconoscere il contributo del coniuge più debole economicamente alla formazione del patrimonio individuale e familiare.

Nella sentenza impugnata detti criteri non sono stati rispettati. La Corte infatti, pur dando atto della disparità reddituale dei coniugi, non espone un ragionamento logico e coerente capace di giustificare la riduzione dell’assegno. La Corte adduce infatti solo una “generica potenzialità lavorativa dell’ex, senza, peraltro, neppure indicare la sua età e senza tenere conto delle eventuali aspettative professionali dalla stessa sacrificate” basandosi su “una pluriennale esperienza nel commercio della stessa, non meglio specificata”, su una collaborazione con il fratello e su redditi percepiti in virtù della stessa, non provati, oltreché su una nuova convivenza stabile.

La Corte in questo modo di non attribuisce il giusto peso al contributo e al sostegno dato dalla ex moglie all’ex marito nell’affermazione professionale di quest’ultimo, né del suo apporto alla formazione del patrimonio individuale del coniuge singolo e della famiglia nel suo complesso.

Senza dimenticare che, se si riscontra uno squilibrio effettivo, è necessario anche accertare se questo è frutto di scelte comuni sul modo di condurre la vita familiare, sui ruoli all’interno della coppia e sulla necessità di sacrificare le aspettative lavorative di uno dei due.

 

Decorrenza temporale assegno divorzile

Assorbito il terzo motivo del ricorso, anche se la Cassazione dichiara di voler dare continuità al seguente orientamento giurisprudenziale:

“in tema di regolamentazione dei rapporti economici tra le parti nella pendenza del giudizio divorzile, poiché l’assegno di divorzio, traendo la sua fonte nel nuovo status delle parti, ha efficacia costitutiva decorrente dal passaggio in giudicato della statuizione di risoluzione del vincolo coniugale, con il temperamento previsto dal comma 13 dell’art. 4 l. 848/1970, che consente al giudice di merito di anticiparne la decorrenza con adeguata motivazione e in relazione alle circostanze del caso concreto, i provvedimenti emessi nel giudizio di separazione continuano a regolare i rapporti economici tra i coniugi fino al passaggio in giudicato della statuizione di risoluzione del vincolo coniugale, ove non ricorra l’ipotesi derogatoria di cui all’art. 4, comma 13 citato, e pertanto la debenza dell’assegno di mantenimento disposta nel giudizio separativo trova il proprio limite temporale nel passaggio in giudicato della sentenza di divorzio. Solo qualora nel giudizio divorzile, nella fase presidenziale o istruttoria, siano messi provvedimenti provvisori, temporanei e urgenti, questi ultimi si sostituiscono a quelli emessi nel giudizio di separazione e ciò in ragione dell’autonomia, sul piano sostanziale e processuale, tra separazione e divorzio.”

 

 

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