Investigatore privato_Marito o moglie che si fingono single su Facebook: conseguenze

Tradimento virtuale: false informazioni nello stato del profilo possono fondare l’addebito della separazione perché ledono l’obbligo di fedeltà coniugale.

 

Chissà perché nei weekend o durante le vacanze natalizie ed estive molti uomini e donne spariscono dai social? Eppure, durante la settimana e nelle giornate lavorative sono molto attivi nel postare, commentare, “cuorare” e chattare.

Poi, succede qualcosa che li riporta all’ordine: la presenza del coniuge. L’ambiente casalingo, con il partner vicino e tutta la famiglia intorno, non favorisce le comunicazioni a distanza, specialmente quando esse avvengono in modalità virtuale e magari celandosi dietro un’identità che non corrisponde affatto alla vita reale.

Sappiamo bene, o dovremmo esserne consapevoli, che nel mondo virtuale il più delle volte non è vero ciò che appare; però molti, troppi, tengono così tanto alla loro immagine social da esagerare nei ritocchi e nelle alterazioni, per allargare la cerchia delle conoscenze e poi, magari, chissà.Così spuntano soluzioni ingegnose. Qualcuno mette nel profilo foto di persone più belle e prestanti di lui, altri forniscono informazioni false nella propria descrittiva. Come gli sposati che si definiscono “single” o al massimo “impegnati”: è un modo semplice e forse ingenuo per cercare di intrattenere relazioni più facili, con persone disponibili ad instaurare un contatto con chi è libero da legami sentimentali e che non vogliono certo chi è già “occupato” in una relazione stabile.

Ma questi metodi nella maggior parte dei casi non funzionano. Specialmente, le donne si accorgono al volo di chi si mostra diversamente da come è e, dunque, il falso profilo non è utile agli scopi che l’uomo intende raggiungere. A volte, poi, le bugie dalle gambe corte si ritorcono contro chi le ha create. E allora può anche succedere l’irreparabile.

Oggi, vediamo in particolare quali sono le conseguenze per un marito che si finge single su Facebook: il risultato sarà sorprendente, perché una nuovissima sentenza di un tribunale calabrese ha fondato l’addebito della separazione coniugale proprio su questa circostanza; condita da qualche cosa in più, ma l’elemento centrale è stato proprio quello: infatti, non c’era una relazione extraconiugale e tutto si esauriva nel magico mondo virtuale.

L’uomo sposato che si finge single

 

La vicenda esaminata dal tribunale di Palmi, in provincia di Reggio Calabria, riguarda una moglie che ha chiesto la separazione coniugale, l’affidamento dei figli e il mantenimento. Dopo i primi anni di matrimonio, svolti in modo armonioso e pacifico, si era accorta che il marito passava parecchio tempo al cellulare e, spesso, restava fuori casa anche di notte.

Insospettita, la donna aveva sbirciato sul suo profilo, notando che il marito aveva indicato come stato nel profilo Facebook quello di “single” e nella descrizione degli orientamenti riportava “mi piacciono le donne”. Il rapporto si era incrinato e la convivenza coniugale era stata interrotta: l’uomo era andato via di casa.

Nel giudizio di separazione, il marito si è difeso affermando di non essere venuto meno ai doveri coniugali e di non aver mai tradito la moglie; anzi, attribuiva a lei il distacco affettivo e un atteggiamento ostile e offensivo nei suoi confronti.

Dopo aver sentito numerosi testimoni (tra cui i figli, i familiari della moglie e alcuni conoscenti), il giudice ha deciso che la separazione era addebitabile al marito. La violazione dei doveri coniugali era stata la causa del fallimento del matrimonio.

 

Fedeltà coniugale: cosa significa

 

In particolare, il tribunale ha ritenuto che l’intollerabilità nella prosecuzione della convivenza fosse dovuta alla violazione dell’obbligo di fedeltà. È stato questo il motivo precipuo di addebito della separazione.

Ma dove e in cosa è stata ravvisata l’infedeltà? La sentenza svolge un ampio ragionamento e, innanzitutto, richiama un principio espresso dalla Cassazione secondo cui, nel giudizio di separazione per colpa, «non rilevano esclusivamente le relazioni extraconiugali in senso stretto ma anche quei comportamenti univocamente a ciò indirizzati che possano giustificare da soli la lesione della dignità e dell’onore dell’altro coniuge». Insomma, basta provarci con un’altra per mancare di rispetto al partner. E la cosa è molto grave.

 

Infedeltà apparente

 

A tal proposito, secondo un’altra sentenza della Suprema Corte, non è necessario che vi sia un adulterio ma è sufficiente instaurare – anche in modo “platonico” e via internet – una «relazione di un coniuge con estranei», da cui derivino «plausibili sospetti di infedeltà» che comunque «in considerazione degli aspetti esteriori con cui è coltivata la relazione e dell’ambiente in cui i coniugi vivono, comporti offesa all’onore e alla dignità dell’altro coniuge».

In altre parole, ciò che conta è l’aver instaurato una relazione fuori del matrimonio, anche se l’infedeltà non si è consumata. L’essenziale è che un rapporto pur solo sentimentale si sia manifestato all’esterno e sia apparso, nell’ambiente frequentato dalla coppia, un possibile legame con un partner diverso.

 

Tradire la fiducia del partner

 

Le conseguenze sono drastiche: l’obbligo di fedeltà inteso in questo senso – prosegue il tribunale reggino – «deve intendersi caratterizzato non soltanto dall’astensione da relazioni sessuali extraconiugali ma anche quale impegno di non tradire la fiducia reciproca».

Così ragionando «la nozione di fedeltà coniugale si avvicina a quella di lealtà»: diventa allora molto più ampia di quanto comunemente si intende ed infatti impone, come sottolinea la Corte di Cassazione, «la capacità di sacrificare le proprie scelte personali a quelle imposte dal legame di coppia».

 

Qualificarsi single su Facebook mentre si è sposati: cosa comporta

 

Tornando alla vicenda specifica, il giudice del tribunale di Palmi ha escluso che l’uso intenso del telefono e del tablet da parte del marito potesse ledere gli obblighi di fedeltà matrimoniale.

Ha invece ritenuto «significativa» la circostanza – accertata durante il giudizio – del profilo Facebook in cui l’uomo si definiva single. Questo elemento è stato uno dei pilastri fondanti della dichiarazione di addebito della separazione al fedifrago virtuale.

«Ovviamente queste indicazioni non sono prova di un rapporto extraconiugale» – precisa il giudice – ma comunque pesano parecchio: la sentenza dice che esse «costituiscono un atteggiamento lesivo della dignità del partner proprio nella misura in cui, pubblicamente e sin troppo palesemente, rappresentano ai terzi estranei un modo di essere o uno stato d’animo incompatibile con un leale rapporto di coniugio».

 

Relazione e frequentazione con altri senza rapporti sessuali: conseguenze

 

Non c’è solo il falso stato di Facebook, che comunque rimane alla base della costruzione giuridica dell’addebito della separazione, ma anche qualcos’altro. Una persona reale, non virtuale.

Da qui, infatti, il tribunale passa ad analizzare elementi ulteriori, tra i quali un «rapporto di frequentazione» del marito con un’altra donna; non è stata provata nessuna relazione adulterina, ma nonostante ciò per il tribunale reggino «non può negarsi che tale relazione abbia assunto connotazioni esteriori tali da pregiudicare l’onore e la dignità della ricorrente».

 

Incontrarsi con un’altra persona è tradimento?

 

Durante la causa, si è accertato che c’erano stati parecchi incontri, in «numerose occasioni» nelle quali l’uomo «in orari e luoghi certamente non aderenti alle ordinarie dinamiche familiari, è stato individuato in compagnia» di questa terza persona (si trattava di una donna anch’essa sposata).
E tutto ciò – rileva il giudice – è andato ben al di là degli «episodi che possono rientrare in una normale frequentazione», come il caffè preso al bar del luogo di lavoro o le visite presso l’esercizio commerciale gestito dall’uomo, perché le modalità di questi incontri – che sono avvenuti anche in orari serali e notturni e in luoghi insoliti, come il parcheggio di un centro commerciale – «denotano un distacco dalle abitudini di famiglia».

In sostanza, è stato rimproverato all’uomo di sottrarre tempo alla famiglia e di allontanarsi affettivamente dalla moglie, al punto di tralasciarla per frequentare in pubblico, anche in orari e luoghi inconsueti, un’altra donna. Questo è stato il secondo fattore decisivo per pronunciare l’addebito della separazione.

 

Messaggi compromettenti: provano l’infedeltà?

 

Oltre a questo è emerso, dalla testimonianza della figlia minore della coppia, che sul telefono del padre c’erano anche «messaggi dall’esplicito contenuto intimo»; alcuni esempi forniti dalla sentenza sono «ti amo» e «ti morderei la lingua».

Questo elemento è stato valorizzato come ulteriore indizio di un «particolare rapporto personale non adeguato allo status di coniugato». E, in proposito, il tribunale non ha dubitato del fatto che la bambina non fosse stata costretta a «prendere parte» in favore di un genitore contro l’altro; dunque, ha ritenuto genuina la sua testimonianza.

 

Il tradimento virtuale può far addebitare la separazione?

 

Il caso di cui stiamo parlando riguarda, dunque, un’infedeltà che non è sfociata in un rapporto sessuale e neppure in una relazione adulterina. Il tribunale ammette che le risultanze istruttorie non sono «esenti da dubbi interpretativi», ma che si è svolta in larga parte su internet e precisamente usando il noto social Facebook.

La vicenda costituisce perciò un eloquente esempio di tradimento virtuale che, come abbiamo visto, può ben costituire una causa di addebito della separazione.

Si tratta, oltretutto, di una circostanza facilmente scopribile e dimostrabile proprio per la pubblicità del profilo Facebook, che per sua natura può essere consultato da un ampio numero di persone anche quando si pongono delle limitazioni, come quella di consentire la visibilità delle informazioni e dei post solo agli amici e non a tutti.

Abbiamo visto che, nel caso deciso, c’erano state frequentazioni ed incontri del marito con un’altra donna, con cui si era mostrato in pubblico anche a tarda sera; ma tutto ciò senza prova di una relazione extraconiugale. Quindi, il tribunale ha sottolineato questo dato come prova dell’avvenuto distacco affettivo dell’uomo nei confronti di sua moglie.

Sulla pronuncia di addebito della separazione ha pesato, invece, in modo determinante la violazione del dovere di fedeltà del marito, che sui social si era comportato “come se” non fosse sposato, o almeno dando l’apparenza di non esserlo. Questo dato inconfutabile è emerso proprio dalle semplici informazioni di base fornite sul suo profilo Facebook, quando ha dichiarato di non essere coniugato e di essere interessato alle donne.

 

Le false informazioni sul profilo Facebook

 

Il solo fatto di definirsi single su Facebook ha leso, secondo il giudice, la dignità del partner, in quanto ciò rappresentava per gli estranei «un modo d’essere o uno stato d’animo incompatibile con un leale rapporto di coniugio». In proposito, ha richiamato l’orientamento della Corte di Cassazione sul significato ampio dell’obbligo di fedeltà coniugale, che non è circoscritto all’assenza di rapporti sessuali al di fuori del matrimonio.

Se questa è la posizione della giurisprudenza, allora forse è il caso di prestare la massima attenzione alle informazioni personali che si inseriscono nel profilo di Facebook: se “nascondono” o smentiscono il matrimonio, un domani il coniuge che vuole separarsi potrebbe valorizzarle a suo favore.

 

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