Agenzia Idfox Milano-Reati contro la privacy e la reputazione: spiare, pedinare, registrare o fotografare possono essere spesso reati.

Cose che non si possono fare con l’ex partener o coniuge

Reati contro la privacy e la reputazione: spiare, pedinare, registrare o fotografare possono essere spesso reati.

Il rispetto della privacy e della reputazione vale a 360 gradi anche nei confronti dei soggetti con cui vi sono, o vi sono stati, rapporti di familiarità o convivenza. Commette reato, ad esempio, chi registra o si procura riprese video della vita privata del partner o chi ne parla male dinanzi ad almeno due persone.

In questo articolo vedremo, alla luce di una interessante precisazione fatta dalla Cassazione penale (sent. n. 3446/2024), quali sono le cose che non si possono fare con l’ex partner o coniuge. Ma procediamo con ordine.

 

 

Indice

* Si può nascondere un registrare in casa?

* Si può nascondere un GPS in auto?

* Si può pedinare il coniuge o il partner?

* Si può entrare nella casella email o nel social?

* Si può sparlare dell’ex o offenderlo?

* Parlare male dell’ex in chat o sui social: cosa si rischia?

Si può nascondere un registrare in casa?

Registrare o riprendere ciò che fa il coniuge o il partner in propria assenza integra il reato di interferenze illecite nella vita privata per il quale si rischia la reclusione da sei mesi a quattro anni.

Quindi nascondere un registratore all’interno della libreria, del divano o in altri luoghi della privata dimora è un illecito penale.

Si può nascondere un GPS in auto?

Secondo la Cassazione (sentenza n. 3446/24) non integra il reato di interferenze illecite nella vita privata la condotta di chi istalli nell’auto del partner o del coniuge un GPS anche se dotato di registratore. Nel caso di specie si trattava di un telefono cellulare, con suoneria disattivata e con impostata la funzione di risposta automatica, che era in grado sia di localizzare gli spostamenti dell’auto, sia di trasmettere a distanza ciò che avveniva all’interno dell’abitacolo.

 

 

Si può pedinare il coniuge o il partner?

Il pedinamento, se non si risolve in una vera e propria molestia, non è reato. Quindi mettere un investigatore privato, anche se munito di macchina fotografica con teleobiettivo e zoom è legittimo. Questi non può però entrare nei luoghi di privata dimora come ad esempio il cortile del condominio, l’atrio dell’edificio e tantomeno il pianerottolo. Lo stesso dicasi per il giardino privato che, essendo una pertinenza dell’abitazione, è equiparata ad essa. Diversamente, il pedinatore commetterebbe reato di violazione di domicilio.

Quando il soggetto pedinato si accorge di tale attività e si sente molestato o infastidito scatta il reato di molestie in luogo pubblico punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a euro 516.

Si può entrare nella casella email o nel social?

Chi conosce le password di accesso a un’email o un account social del proprio partner può solo accedervi quando abbia ricevuto, di volta in volta, il consenso. Non può farlo in ulteriori occasioni. Il fatto di conoscere la password non legittima a intrusioni in qualsiasi momento.

Si può sparlare dell’ex o offenderlo?

Si sa che dopo una relazione c’è sempre l’amaro in bocca. A volte ci si confida con gli amici e si usano parole forti, sprezzanti, offensive. Anche questo comportamento è vietato. La diffamazione infatti scatta quando si parla male di una persona davanti ad almeno due persone, non importa se sono intimi amici e se lo si fa per sfogo. La diffamazione è punita con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1032 euro.

Se però si attribuiscono all’ex dei comportamenti specifici (ad esempio un tradimento o una condotta violenta benché inesistenti). In questo caso la pena è la reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a 2065 euro.

Parlare male dell’ex in chat o sui social: cosa si rischia?

Screditare la reputazione dell’ex su una chat o su internet integra il reato di diffamazione aggravata. La pena è la reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a 516 euro.

Il fatto di non dire il nome non è sufficiente per evitare la condanna se il soggetto passivo (la vittima) è facilmente riconoscibile e individuale dal contesto delle espressioni.

FONTE INTERNET

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