Agenzia investigati aioni IDFOX Milano-Il figlio minorenne può essere assegnato al padre se la madre soffre di disturbi, è violenta o comunque dannosa per la sua crescita.

 

Il figlio minorenne può essere assegnato al padre se la madre soffre di disturbi, è violenta o comunque dannosa per la sua crescita.

Il delicato equilibrio dell’affidamento dei figli minorenni può essere messo a dura prova quando uno dei genitori manifesta problematiche psicologiche o comportamentali che potrebbero influire negativamente sul benessere del bambino. La giurisprudenza italiana si è più volte espressa su casi in cui l’affidamento condiviso può essere sostituito dall’affidamento esclusivo. Sono ipotesi eccezionali visto che, per legge, il giudice, nel prendere questa decisione, deve sempre perseguire il miglior interesse del figlio. E il figlio – stabilisce la Costituzione – ha un sacrosanto diritto alla bigenitorialità. Ecco perché la regola impone che si opti sempre per l’affidamento condiviso, ossia al padre e alla madre. Ma allora quando c’è l’affido esclusivo al padre?

 

Cerchiamo di fare il punto della situazione, partendo dallo spiegare cos’è l’affidamento e qual è la distinzione con il collocamento. Poi vedremo quando c’è affidamento condiviso e quando esclusivo. Ma procediamo con ordine.

Indice

* Cos’è l’affidamento?

* Come funziona l’affidamento esclusivo?

* Quando c’è l’affidamento esclusivo?

* Quando può essere stabilito l’affidamento superesclusivo

Cos’è l’affidamento?

L’affidamento non è il genitore presso cui il figlio andrà a vivere stabilmente (in quel caso si parla di “collocamento”). L’affidamento del figlio consiste nell’individuazione del genitore che eserciterà i poteri sul minore e quindi prenderà le decisioni più importanti per la sua vita (istruzione, salute, viaggi, ecc.).

Esistono due forme principali di affidamento:

* condiviso

* esclusivo.

 

L’affidamento condiviso prevede che entrambi i genitori mantengano un ruolo attivo nella vita del bambino, condividendo le decisioni importanti e garantendo che il minore mantenga un forte legame con entrambi. L’affidamento condiviso è la regola da cui il giudice può discostarsi solo per gravi e motivate ipotesi.

L’affidamento esclusivo, invece, attribuisce a un solo genitore la responsabilità principale del bambino, limitando in qualche modo il ruolo dell’altro genitore nella vita quotidiana e nelle decisioni significative del minore.

Il collocamento, d’altra parte, si riferisce alla disposizione pratica di con chi il bambino vivrà fisicamente la maggior parte del tempo.

Mentre l’affidamento riguarda più ampiamente i diritti e le responsabilità legali e decisionali, il collocamento si concentra sulla residenza quotidiana del bambino. Anche in caso di affidamento condiviso, è possibile che il bambino abbia un collocamento primario presso uno dei due genitori, se ciò è considerato nel suo migliore interesse, ad esempio per garantire stabilità nella sua routine quotidiana, scolastica e sociale.

 

Come funziona l’affidamento esclusivo?

Quando il giudice valuta che l’affidamento condiviso dei figli a entrambi i genitori non sia vantaggioso per il benessere del bambino, ha la facoltà di decidere che il minore sia affidato solamente a uno dei due genitori. Questa decisione, che deve essere chiaramente giustificata, prende il nome di affidamento esclusivo o monogenitoriale e rappresenta un’eccezione alla norma principale che preferisce l’affidamento condiviso.

L’obiettivo della legge, infatti, è mantenere il diritto del minore a un rapporto equilibrato con entrambi i genitori, a meno che non si dimostri che tale soluzione possa essere dannosa per lui.

L’affidamento esclusivo si verifica più comunemente in caso di separazioni giudiziali, ma può essere anche una scelta concordata dai genitori in una separazione consensuale, purché ci siano motivazioni valide che il giudice deve valutare attentamente.

In ogni momento, uno dei genitori può richiedere l’affidamento esclusivo del bambino se ritiene che la situazione attuale, sia essa di affidamento condiviso o esclusivo all’altro genitore, non sia nel migliore interesse del bambino.

Per passare dall’affidamento condiviso a quello esclusivo, il giudice deve esaminare attentamente tutte le prove presentate durante il processo civile per valutare qualsiasi comportamento dei genitori che possa non essere adeguato al benessere del minore.

Inoltre, anche se viene deciso l’affidamento esclusivo a favore di un genitore, l’altro genitore non perde completamente i suoi diritti e responsabilità genitoriali, specialmente per quanto riguarda le decisioni importanti nella vita del bambino. Egli infatti avrà ad esempio il diritto di vedere periodicamente il figlio.

Tuttavia, in situazioni particolari, il giudice può decidere di assegnare la responsabilità genitoriale esclusiva, anche per le scelte più significative, a un solo genitore. Questo tipo di disposizione viene chiamata affidamento superesclusivo o esclusivo rafforzato e viene applicato solo in circostanze eccezionali, quando si ritiene che sia l’unica soluzione per proteggere il benessere del minore.

Quando c’è l’affidamento esclusivo?

Il giudice può decidere di affidare un bambino esclusivamente a un genitore in due situazioni principali. La prima si verifica quando l’affidamento condiviso potrebbe danneggiare il bambino, per esempio se i contatti tra i genitori risultano problematica per il suo benessere. La seconda situazione si presenta quando uno dei genitori non è adeguatamente in grado di prendersi cura e educare il bambino a causa di gravi problemi, come un comportamento inadeguato o pericoloso, o se il bambino rifiuta decisamente di avere contatti con quel genitore.

La scelta del genitore a cui affidare il bambino si basa sulla sua capacità di soddisfare le esigenze affettive del figlio e di mantenere una stabilità nelle relazioni familiari. Il giudice cerca di individuare il genitore che meglio può limitare i danni causati dalla separazione alla crescita emotiva e allo sviluppo del bambino. Questa valutazione considera come il genitore ha agito in passato, la sua capacità di connessione emotiva, di attenzione, comprensione, educazione e il suo impegno a mantenere un rapporto costante con il bambino. Si tiene conto anche della personalità del genitore, del suo stile di vita e dell’ambiente che può offrire al minore.

Recentemente, la giurisprudenza ha stabilito che la decisione sull’affidamento esclusivo deve essere motivata non solo evidenziando la capacità del genitore scelto, ma anche dimostrando l’inadeguatezza educativa dell’altro genitore. Non basta che i genitori siano in conflitto per giustificare automaticamente l’affidamento esclusivo; i giudici sono incoraggiati a considerare prima l’affidamento condiviso, valutandone attentamente i pro e i contro.

L’affidamento esclusivo può essere stabilito sia come prima scelta, se sono presenti le condizioni necessarie, sia come revisione di un precedente affidamento condiviso che si è dimostrato inadatto per il benessere del bambino.

Quando può essere stabilito l’affidamento superesclusivo

L’affidamento superesclusivo è una misura eccezionale prevista dalla legge quando la salute mentale di un genitore, diagnosticata come problematica da un consulente tecnico d’ufficio, rischia di danneggiare il rapporto con il figlio.

Devono quindi esserci segni di disturbi psicologici che alterano il rapporto con il minore. Questa decisione, come stabilito dall’articolo 337 quater del Codice Civile, è presa in considerazione solo quando si ritiene che l’affidamento condiviso possa essere controproducente per il minore.

Il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 615/2024 ha stabilito che «deve essere disposto l’affido supereclusivo del minore a uno dei genitori laddove l’altro, come ha accertato il consulente tecnico d’ufficio, «mostra un assetto di personalità sintomatologico tendente alle manie di persecuzione, con una interpretazione della realtà alterata a suo sfavore», ciò che altera il rapporto con il figlio, dovendosi derogare alla regola dell’affidamento condiviso nel miglior interesse del minore».

Il giudice ha considerato che la madre, nonostante avesse superato una grave malattia e vivesse di reddito di cittadinanza, mostrava un “atteggiamento psicologico preoccupante in senso clinico”. Tale condizione mentale, interpretando la realtà a proprio sfavore e influenzando negativamente la percezione della realtà della figlia, ha reso necessario l’affidamento esclusivo al padre.

 

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