relazione dell’investigatore privato è prova sufficiente per il licenziamento Confermato dalla Cassazione il provvedimento nei confronti del lavoratore reo di svolgere un altro lavoro mentre è in malattia

relazione dell’investigatore privato è prova sufficiente per il licenziamento

Confermato dalla Cassazione il provvedimento nei confronti del lavoratore reo di svolgere un altro lavoro mentre è in malattia

* Condotte incompatibili con lo stato di malattia

* La tesi del dipendente

* Dossier investigativo in giudizio

* La decisione della Cassazione

Condotte incompatibili con lo stato di malattia

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La vicenda trae origine dal licenziamento di un dipendente, il quale è stato allontanato per giusta causa per aver tenuto, durante l’assenza per malattia, condotte incompatibili con lo stato di salute e comunque pregiudizievoli della sua guarigione. Il lavoratore si è quindi rivolto al Tribunale, che nel corso del procedimento di urgenza ha confermato la validità del provvedimento sanzionatorio. All’esito del giudizio di primo grado, il Tribunale ha invece accolto l’opposizione del lavoratore, ordinando la reintegra del dipendente nell’organico dell’azienda. Quest’ultima ha quindi proposto appello, ottenendo la riforma della sentenza di primo grado. Contro la sentenza di secondo grado è ricorso per Cassazione il lavoratore.

La tesi del dipendente

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I difensori del lavoratore, oltre a sostenere argomentazioni di natura procedurale, hanno chiesto alla Suprema Corte di annullare la conferma del licenziamento lamentando l’utilizzo, ai fini della decisione dei giudici di appello, del dossier redatto dall’agenzia investigativa incaricata dall’azienda, in quanto il report era stato formalmente disconosciuto dal lavoratore.

Dossier investigativo in giudizio

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Il suddetto motivo è stato ritenuto inammissibile in quanto il ricorrente ha sollecitato alla Corte un apprezzamento delle modalità con cui le investigazioni sono state condotte, circostanza riservata al giudice di merito. Il disconoscimento della relazione investigativa da parte del lavoratore, inoltre, non produce un effetto processuale in quanto la relazione è una scrittura privata proveniente da un terzo.

È stato inoltre rilevato che l’investigatore privato incaricato è stato regolarmente escusso durante il procedimento, ed ha deposto attribuendosi la paternità dell’elaborato prodotto in giudizio, il cui contenuto ha confermato nella sua totalità, fornendo quindi al giudice elementi utili per il proprio convincimento.

Il detective ha infatti confermato che il lavoratore, durante la malattia, ha svolto continuativamente l’attività di istruttore di kick boxing, mentre i testi addotti dal lavoratore sono risultati del tutto inattendibili.

Attività lavorativa che era certamente incompatibile con la malattia, in quanto avrebbe pregiudicato o ritardato la guarigione. Circostanza da valutare ex ante, vale a dire nel momento in cui il dipendente era malato e mentre svolgeva altra attività, e che certamente non può essere smentita da una consulenza tecnica eseguita nel corso del giudizio. A ciò si aggiunge che le certificazioni mediche hanno dimostrato un progressivo peggioramento della patologia da cui era gravato il lavoratore (problema alla spalla destra), certamente poco compatibile con l’attività di istruttore di arti marziali.

La decisione della Cassazione

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Con il provvedimento numero 5002 del 26 febbraio 2024, la sezione lavoro della Suprema Corte ha quindi dichiarato inammissibile il ricorso del lavoratore, confermando il suo licenziamento e condannandolo anche al pagamento delle spese.

 

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