Si può mentire ai giudici per amore oppure è reato? Per la Cassazione l’esimente dell’art. 384 cod. pen. vale anche per le coppie di fatto. IDFOX Investigazioni Milano

Quando la falsa testimonianza non è punibile

Si può mentire ai giudici per amore oppure è reato? Per la Cassazione l’esimente dell’art. 384 cod. pen. vale anche per le coppie di fatto.

Si può mentire al giudice per amore. E non importa se lo si fa per un figlio, per il marito, la moglie o il partner di una convivenza di fatto. A dirlo è una recente sentenza della Cassazione che applica un diritto previsto dal nostro codice penale, la cosiddetta esimente della “scusante soggettiva”. Cerchiamo di comprendere meglio quando la falsa testimonianza non è punibile. Qui di seguito cercheremo di comprendere quando non è reato dire una bugia alle autorità, alla polizia, ai carabinieri o alla magistratura. Ma procediamo con ordine.

 

Indice

* La falsa testimonianza: cos’è e quando opera

* Quali sono le pene previste?

* Quando la falsa testimonianza non è reato?

* Si può mentire per amore?

La falsa testimonianza: cos’è e quando opera

Il reato di falsa testimonianza è previsto dall’articolo 372 del codice penale italiano e punisce chi, deponendo come testimone innanzi all’autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale:

* afferma il falso: dichiara fatti non veritieri o distorce la realtà;

* nega il vero: tace informazioni utili o conosciute su fatti oggetto del processo;

* tace, in tutto o in parte: omette di riferire ciò che sa su determinati avvenimenti.

Quali sono le pene previste?

La pena per la falsa testimonianza varia a seconda della gravità del reato e delle sue conseguenze:

* reclusione da 2 a 6 anni: per la semplice falsa testimonianza;

* reclusione da 3 a 8 anni: se la falsa testimonianza ha determinato la condanna di una persona a una pena non superiore a 5 anni.

* reclusione da 4 a 12 anni: se la falsa testimonianza ha determinato la condanna di una persona a una pena superiore a 5 anni.

* reclusione da 6 a 20 anni: se la falsa testimonianza ha determinato la condanna di una persona all’ergastolo.

Quando la falsa testimonianza non è reato?

La legge prevede alcune ipotesi in cui la falsa testimonianza non è punibile. Queste coincidono con:

* ritrattazione;

* coazione;

* necessità di salvare sé o congiunti da un danno alla libertà e onore;

* incapacità di intendere e di volere.

Vediamo singolarmente tali ipotesi.

L’articolo 384 del codice penale stabilisce che non è punibile chi dice il falso per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé stesso o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile danno alla libertà o all’onore: in pratica, tutte le volte in cui la persona o un suo caro corre il rischio di essere coinvolta in indagini o in condanne penali o comunque in una situazione che possa pregiudicarne la reputazione a livello sociale.

Ai sensi dell’articolo 376 del codice penale non è punibile per falsa testimonianza chi il testimone che ritratta il falso e manifesta il vero prima della sentenza definitiva non è punibile.

Non è altresì punibile chi fornisce la falsa testimonianza per esservi stato costretto da minaccia o da violenza. La minaccia o la violenza devono essere tali da incutere timore in una persona di normale coraggio.

Ed ancora non può essere condannato chi versa in uno stato di incapacità di intendere e di volere. Tale incapacità può essere dovuta a cause diverse, come ad esempio una malattia mentale o un’intossicazione.

Naturalmente non commette falsa testimonianza chi si sbaglia in buona fede. Si pensi a chi afferma di non aver visto nessuno sul luogo del delitto quando in realtà le cose sono andate diversamente ma la dichiarazione è solo il frutto di una falsa rappresentazione o percezione della realtà.

Si può mentire per amore?

Una donna, precedentemente condannata per falsa testimonianza ai sensi dell’articolo 372 del codice penale in grado di appello, è stata successivamente assolta dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 8114/2024). La Cassazione ha riconosciuto l’applicabilità dell’articolo 384 del codice penale, estendendone l’ambito anche alle unioni di fatto. Il caso dimostra che anche l’amore che spinge una persona a mentire in tribunale può essere una valida scusante per non essere condannati per falsa testimonianza.

La situazione si è sviluppata all’interno di un caso di maltrattamenti familiari imputati al convivente della vittima. La segnalazione era partita dalla madre della donna, la quale, nonostante non fosse d’accordo con l’accusa, durante la testimonianza aveva confessato di amare ancora il suo compagno.

Nonostante ciò, la Corte d’appello aveva ritenuto la testimonianza mendace, escludendo la possibilità di invocare l’articolo 384 del codice penale come esimente, poiché non vi erano prove di un rischio reale e immediato per il compagno, né di una convivenza stabile che potesse giustificare, anche solo parzialmente, il gesto della donna.

Di fronte a tale situazione, la donna ha portato il caso davanti alla Corte di Cassazione, sostenendo la sua non punibilità sulla base dell’articolo 384 del codice penale, evidenziando la loro convivenza di fatto e sottolineando le relazioni fornite dagli assistenti sociali.

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, evidenziando un vizio nella motivazione dei giudici di merito. Secondo la Cassazione, l’articolo 384, primo comma, del codice penale, che prevede un’esimente per chi agisce sotto la spinta di salvaguardare la libertà o l’onore del convivente, si applica anche alle unioni di fatto. Questa interpretazione si basa su una visione dell’esimente come una scusante soggettiva, che riconosce le circostanze peculiari che possono influenzare le azioni di un individuo.

La Cassazione ha inoltre sottolineato che, dato il legame affettivo tra i conviventi, è giusto che l’ordinamento giuridico non punisca certi reati quando compiuti per proteggere la libertà o l’onore del partner.

In questo specifico caso, la Corte di Cassazione ha rilevato che la corte d’appello non aveva considerato adeguatamente le prove esistenti, quali la dichiarazione d’amore della donna e la loro convivenza, che indicavano chiaramente la sua preoccupazione per la libertà del compagno. Di conseguenza, la Cassazione ha annullato la sentenza precedente, riconoscendo che il fatto non costituisce reato grazie all’applicazione dell’esimente prevista dall’articolo 384 del codice penale.

 

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