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Patteggiamento: niente parte civile per il risarcimento danni

Sono stato vittima di un reato e l’imputato da me querelato ha chiesto di concordare la pena con il patteggiamento: cosa cambia per me?

La legge consente all’imputato di scegliere il rito con cui essere giudicato. Nelle ipotesi in cui la responsabilità penale sia particolarmente evidente è possibile optare per il giudizio abbreviato oppure per il patteggiamento: il vantaggio di questi procedimenti è quello di concedere all’imputato una riduzione di pena pari a un terzo di quella che sarebbe stata altrimenti irrogata. Mentre, però, con l’abbreviato è possibile confidare anche in un’assoluzione, con il patteggiamento non c’è scampo: l’imputato all’esito verrà condannato. Con il presente articolo vedremo se la vittima del reato può chiedere il risarcimento costituendosi parte civile nel procedimento concluso con patteggiamento.

* Cos’è e come funziona il patteggiamento?

* Fino a quando si può chiedere il patteggiamento?

* Patteggiamento: ci si può costituire parte civile?

* Vittima del reato: come chiedere i danni se c’è il patteggiamento?

Cos’è e come funziona il patteggiamento?

Il patteggiamento è un accordo dell’imputato con il pubblico ministero, che consente una riduzione di pena senza affrontare il dibattimento.

In pratica, l’applicazione della pena su richiesta delle parti (appunto detto patteggiamento), è quel rito che si caratterizza per il fatto che il giudice irroga la pena concordata e richiesta dalle parti, ossia dall’imputato e dal pubblico ministero.

Il giudice si limita a controllare la correttezza della qualificazione giuridica del fatto e la congruità della pena richiesta dalla parte con il patteggiamento.

 

Come per l’abbreviato, si tratta di un rito premiale in quanto la scelta di tale rito comporta la diminuzione della pena fino a un terzo.

Il giudice decide sulla richiesta di patteggiamento sulla base degli atti presenti nel fascicolo del pubblico ministero e su quelli eventualmente presenti nel fascicolo del difensore, senza procedere al giudizio tradizionale.

Il giudice può soltanto accogliere o rigettare la richiesta di patteggiamento, ma non può mai modificare l’entità della pena patteggiata.

Il patteggiamento può essere chiesto solo se la pena finale, tenuto conto delle attenuanti e della riduzione dovuta alla scelta del rito, non supera i 5 anni di reclusione.

Fino a quando si può chiedere il patteggiamento?

La richiesta di patteggiamento può essere presentata fino al momento delle conclusioni nell’udienza preliminare e in quella predibattimentale; fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento nel giudizio a citazione diretta.

Se è stato notificato il decreto di giudizio immediato, la richiesta è formulata entro il termine di quindici giorni dalla notifica stessa.

La richiesta e il consenso nell’udienza sono formulati oralmente, negli altri casi per iscritto.

È possibile presentare richiesta di patteggiamento anche durante la fase delle indagini preliminari.

Patteggiamento: ci si può costituire parte civile?

Il patteggiamento esclude che il danneggiato possa esercitare, o proseguire, nel processo penale l’azione civile per ottenere il risarcimento del danno.

Questo vuol dire, in pratica, che la vittima non potrà costituirsi parte civile all’interno del processo penale, proprio perché col patteggiamento.

Vittima del reato: come chiedere i danni se c’è il patteggiamento?

Che fare allora? Bisogna rinunciare al risarcimento? Nient’affatto.

La parte offesa che intenda rivendicare il risarcimento del danno subìto in conseguenza del crimine dell’imputato dovrà, semplicemente, promuovere una causa autonoma davanti però al giudice civile (azione civile), con i conseguenti oneri di prova a proprio carico (che, comunque, sono meno stringenti e rigorosi del processo penale, salvo che in quest’ultimo la testimonianza della vittima è sempre concessa, mentre non lo è nel processo civile).

La sentenza di patteggiamento non ha, nei procedimenti civili e amministrativi, la stessa efficacia di un provvedimento di condanna emesso a seguito di dibattimento [2].

Tuttavia, è ormai principio giurisprudenziale consolidato che la pronuncia di patteggiamento identifica un rilevante elemento di prova per il giudice civile del merito il quale, ove intenda disconoscere tale efficacia probatoria, sarà tenuto a motivare le ragioni diverse che hanno condotto l’imputato ad ammettere la propria responsabilità, accettata dal giudice penale [3].

 

note

[1] Art. 444 ss. cod. proc. pen.

[2] Art. 445, comma 1–bis cod. proc. pen.

[3] Cass. S.U. sent. n. 17289/2006, n. 9456/2013.

 

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