Una sentenza della Cassazione chiarisce le conseguenze legali del lavorare durante il periodo di malattia. Agenzia Idfox INVESTIGAZIONI AZIENDALI-licenziamento giusta causa

È legale lavorare mentre si è in malattia? Cosa dice la legge

Una sentenza della Cassazione chiarisce le conseguenze legali del lavorare durante il periodo di malattia.

Nell’ambito del rapporto di lavoro, il periodo di malattia è tutelato da specifiche normative che mirano a proteggere sia il lavoratore che l’integrità del rapporto lavorativo. Il dipendente pertanto non può essere licenziato in ragione solo della sua assenza (a meno che la durata della stessa superi il termine fissato dal contratto collettivo: il cosiddetto “periodo di comporto”). Tuttavia è necessario che questo, nel periodo di assenza dal lavoro, si comporti correttamente senza compiere condotte che potrebbero danneggiare l’azienda o pregiudicare il suo rapido rientro sul posto.

 

 

Tuttavia, emergono dubbi sulle attività consentite durante l’assenza per malattia. Una recente sentenza della Cassazione (la sent. n. 5002/2024 del 26 febbraio 2024) fa luce su questo tema: in essa si spiega se è legale lavorare mentre si è in malattia e cosa dice la legge a riguardo.

Per comprendere meglio la questione bisogna però fare un passo indietro e illustrare ciò che spesso succede nell’ambito della prassi giurisprudenziale. L’esempio che faremo infatti è molto più frequente di quanto non possa apparire.

Indice

* Un esempio pratico

* Quando si può licenziare chi lavora quando è assente per malattia

* Che valore hanno le foto dell’investigatore privato?

* Che valore ha il resoconto dell’investigatore?

* Si può lavorare durante la malattia?

Un esempio pratico

Un dipendente prende cinque giorni di malattia. Rispetta le fasce orarie di reperibilità, restando a casa per la visita fiscale dell’Inps dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19. Tuttavia, alle 20, esce di casa per lavorare nella pizzeria di un amico e guadagnare un extra.

Un investigatore privato, ingaggiato dal datore di lavoro, documenta tale attività. Sulla scorta di tali foto il datore licenzia il lavoratore presumendo la falsità della malattia dello stesso, in quanto teoricamente incompatibile l’attività di lavoro con lo stato di salute dedotto nel certificato medico.

 

Il dipendente, per tutta risposta, propone opposizione al licenziamento sostenendo che, nel rispettare le fasce di reperibilità, ha fatto tutto ciò che la legge gli impone di fare. Peraltro, proprio per dimostrare di non aver così rallentato la guarigione, torna immediatamente sul posto di lavoro. Cosa succede in questi casi? Si può ritenere legittimo licenziare per giusta causa il dipendente che fa un secondo lavoro durante la malattia? Arriviamo gradualmente alle risposte.

Quando si può licenziare chi lavora quando è assente per malattia

Secondo la Cassazione il licenziamento è legittimo solo quando, secondo una valutazione preventiva, il comportamento del dipendente che lavora durante la malattia è astrattamente idoneo a comprometterne o rallentarne la guarigione. E ciò indipendentemente dal fatto se ciò sia davvero avvenuto o meno. Quindi non incide sulla legittimità del licenziamento per giusta causa la circostanza che il lavoratore sia tornato regolarmente in ufficio dimostrando di non aver aggravato la malattia.

Il secondo aspetto – marginale nell’esempio appena fatto – riguarda il rispetto del dovere di fedeltà: se anche il dipendente malato svolge un lavoro che non ne rallenta la guarigione, la seconda attività non può porsi in concorrenza con la prima. Diversamente, anche in tale ipotesi, è legittimo il licenziamento per giusta causa.

Che valore hanno le foto dell’investigatore privato?

Il secondo punto analizzato dalla sentenza è la validità delle documentazioni fotografiedell’investigatore privato ai fini del processo.

Come tutte le fotografie, anche queste hanno valore di prova documentale solo se non sono contestate dalla controparte. Il dipendente quindi che non si oppone alla loro produzione ne riconosce l’intrinseca genuinità e quindi le stesse diventano una prova a tutti gli effetti.

Ma se il dipendente le contesta, allora il datore dovrà ricorrere ad altre prove. Attenzione però: la contestazione deve essere circostanziata e deve suggerire per quale motivo tali foto non dovrebbero corrispondere alla realtà. Insomma non si può trattare di una opposizione generica ma questa deve instillare nel giudice il dubbio sulla loro autenticità.

Che valore ha il resoconto dell’investigatore?

Spesso l’investigatore accompagna le foto con un report da lui stesso redatto. Questo però non ha alcun valore proprio perché è una relazione personale di un soggetto che non è terzo e imparziale, ma è un ausiliare di una delle parti. Tuttavia, l’inconveniente può essere superato se il giudice chiama il detective a testimoniare nella causa rappresentando oralmente ciò che ha visto e sentito.

Si può lavorare durante la malattia?

In sintesi la sentenza chiarisce che non esiste un divieto assoluto di svolgere altre attività lavorative durante il periodo di malattia. Tuttavia, queste attività non devono contravvenire ai principi di correttezza e buona fede, né pregiudicare il processo di guarigione. La valutazione della legittimità di tali attività dipende dalla natura della malattia e dal tipo di lavoro svolto.

La valutazione si basa sulla potenziale influenza dell’attività svolta sulla guarigione del lavoratore. Nel caso specifico, le attività fisicamente impegnative come l’istruttore di kick boxing, svolte da un individuo in malattia per problemi alla spalla, sono state ritenute incompatibili con il processo di guarigione, giustificando il licenziamento per giusta causa.

Il lavoratore è stato licenziato per giusta causa, con la sentenza della Cassazione che ha confermato la legittimità del licenziamento basandosi sulla testimonianza dell’investigatore privato e sulle evidenze raccolte, nonostante le contestazioni del dipendente e le testimonianze di parenti e amici a suo favore.

 

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