Una sentenza storica della Corte Costituzionale concede il diritto a vedere il proprio partner anche a chi è in carcere. Agenzia IDFOX Milano -Indagini difensive

 

Una sentenza storica della Corte Costituzionale concede il diritto a vedere il proprio partner anche a chi è in carcere.

Sono numerose le sentenze che hanno segnato una svolta nel sistema giudiziario italiano. Tra esse possiamo rapidamente ricomprendere quella sul terzo settore, quella sull’utilizzo del doppio cognome, quella sul diritto allo studio dei disabili, quella importantissima sull’aborto, quella sulla fecondazione assistita, quella dei diritti sugli invalidi totali, e poi ancora sulla libertà di religione, sul pluralismo informativo, sulle adozioni e in ultimo quella in occasione della pandemia. Tutte sentenze che possiamo certamente definire come tappe di un cammino di crescita del nostro Paese, in conformità alla Costituzione e ai suoi connessi valori. Da qualche giorno un’altra sentenza storica fa ingresso all’interno del nostro sistema giudiziario ed è quella che ha stabilito che i detenuti in carcere possono avere rapporti sessuali.

 

 

Indice

* Come si arriva a questa decisione?

* Cosa ha stabilito la Corte Costituzionale?

* Quali sono gli effetti di questa sentenza?

* Conclusioni

Come si arriva a questa decisione?

Il Giudice del Tribunale di sorveglianza di Spoleto, evidentemente sensibile ai diritti dei detenuti, si trovava a dover valutare la posizione di un recluso, il quale, sottoposto a procedimento disciplinare per cause legate al proprio comportamento in carcere, non poteva usufruire dei permessi premio, che avrebbero certamente garantito il diritto all’affettività, e chiedeva di poter avere rapporti riservati con la propria consorte. A ciò chiaramente non erano sufficienti i colloqui, anche se non ascoltati, e quindi era necessario operare un passo in più. Il problema degli incontri riservati era già stato posto in altre sedi, anche a carattere europeo, nell’ottica di una riforma, ma non aveva mai trovato terreno fertile dal punto di vista normativo. Il giudice ha quindi sollevato il problema davanti alla Corte Costituzionale, chiedendo al giudice delle leggi di dichiarare illegittimo l’articolo 18 dell’ordinamento penitenziario nella pare in cui non prevede che i detenuti che non possono avere i permessi premio possano beneficiare dei colloqui riservati e non osservati.

Cosa ha stabilito la Corte Costituzionale?

Con la sentenza n. 10 del 2024, in conformità a quanto richiesto dal Giudice di Spoleto, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo l’articolo 18 dell’ordinamento penitenziarionella parte in cui non consente ai detenuti di avere colloqui riservati, anche intimi, con il coniuge, i conviventi “stabilizzati” e l’altra parte riconosciuta dal punto di vista civile. Ha riconosciuto insomma il diritto all’affettività. E con affettività, ha chiarito, si intende la possibilità di avere rapporti intimi, e quindi sessuali, compatibilmente con la esistenza delle opportune strutture. Il passaggio fondamentale di questa storica sentenza è quello riguardante il fatto che impedire al detenuto di intrattenere rapporti sessuali con il coniuge incide negativamente sul tessuto familiare, recando un grande pregiudizio ai relativi rapporti, che costituicono un altro preciso valore sancito dalla costituzione.

Quali sono gli effetti di questa sentenza?

Si tratta come detto di una sentenza davvero importante perché identifica il carcere non come uno strumento di separazione dal mondo esterno e consente una compenetrazione della condizione restrittiva subìta non solo dal detenuto ma anche da chi, in questo caso il coniuge o il convivente, rimane fuori, rispettando, a parere di chi scrive, la dignità umana, e favorendo soprattutto la prospettiva di un reinserimento nella società civile. Sarà necessario chiaramente verificare il comportamento del detenuto così come la stabilità dei rapporti, presunta nel caso del coniuge, un po’ meno nel caso del convivente, ma va in una direzione di miglioramento delle condizioni carcerarie e probabilmente contribuirà anche a evitare gravi episodi di disordine all’interno dei vari istituti di pena. Naturalmente è importante specificare che gli effetti di tale sentenza non sono estensibili ai detenuti sottoposti al regime di carcere duro, il cosiddetto 41 bis, o quelli obbligati alla sorveglianza speciale.

Conclusioni

Chi scrive ritiene che si tratti di una sentenza giusta, che inciderà profondamente sul principio della rieducazione della pena e sulla risocializzazione dei condannati. In carcere dovrebbero essere mantenute le abitudini della vita sociale, ancorché da reclusi. E la sessualità, come tante altre, è una di queste. È giusto scontare la propria pena, ma lo è anche espiare quanto dovuto nel pieno rispetto della propria dignità. Anche questo significa essere un paese civile.

 

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