AMBROSIANA Risarcimenti: Quali sono i limiti alla responsabilità del gestore di impianti sportivi pericolosi secondo la Cassazione?

Chi è obbligato a risarcire i danni per un infortunio sportivo?

Quali sono i limiti alla responsabilità del gestore di impianti sportivi pericolosi secondo la Cassazione?

La Cassazione, con la sentenza n. 1425/2024, ha stabilito i limiti della responsabilità dei gestori di impianti sportivi pericolosi, come piscine, piste da sci e circuiti motociclistici. La decisione è emersa in seguito al ricorso di un gestore di un circuito motociclistico, precedentemente condannato per la morte di un centauro. In questo articolo vedremo chi è obbligato a risarcire i danni per un infortunio sportivo alla luce della pronuncia della Cassazione n. 1425 del 12 gennaio 2024.

 

 

Indice

* Come si determina la responsabilità del gestore in questi casi?

* La vicenda e la decisione della Cassazione

* Come definisce la Cassazione il dovere di vigilanza del gestore?

Come si determina la responsabilità del gestore in questi casi?

La IV Sezione penale della Cassazione ha chiarito che la responsabilità del gestore è limitata alle condotte espressamente previste dalla legge o dalle federazioni sportive.

Esiste, in particolare, una norma generale, quella dell’articolo 2051 del codice civile, che impone una responsabilità oggettiva in capo al proprietario/custode di cose. «Responsabilità oggettiva» significa che l’obbligo di risarcimento sussiste a prescindere dall’eventuale colpa o malafede, ma per il semplice legame che c’è tra la cosa e il titolare del bene o colui che ne ha la materiale disponibilità.

Tutte le volte in cui un oggetto, per la sua pericolosità intrinseca, genera un danno ad altri, il custode deve risarcire il danno alla vittima. E ciò a prescindere dall’eventuale presenza di cartelli di avviso con esonero di responsabilità: tale segnaletica non avrebbe alcun valore.

È importante considerare che il diritto al risarcimento per le vittime di incidenti all’interno di impianti sportivi non sussiste sempre ma solo quando l’infortunio è determinato da “cose” potenzialmente lesive perché costituiscono un’insidia o un trabocchetto. Tanto per fare qualche esempio, il fatto che una persona cada in una pista di pattinaggio e si faccia male, rompendosi il femore, non implica una responsabilità del gestore. Questo perché la pista di ghiaccio, per quanto potenzialmente pericolosa, è una cosa “statica” la cui pericolosità è intrinseca e quindi non nascosta. Chi accetta di svolgere tale sport deve prevedere il rischio a cui va incontro.

Diversa è l’ipotesi del motociclista che, nel prendere una curva in un autodromo, sbandi a causa della presenza di ghiaia sull’asfalto: qui siamo dinanzi a una insidia inaspettato, che non rientra nella normale prevedibilità del rischio. Al contrario, se la scivolata è causata da una manovra imperita del conducente, quest’ultimo non può ottenere alcun risarcimento.

Così chi cade in un impianto sciistico per l’alta velocità da questi presa non può addebitare la responsabilità al gestore a meno che questi non abbia posto appositi cartelli e recinzioni per evitare il “fuori pista” oppure non abbia tenuto in buone condizioni il fondo.

Oltre all’articolo 2051 del codice civile, che abbiamo appena analizzato, esistono però normative specifiche per ciascun impianto sportivo che il gestore deve rispettare se vuole evitare la responsabilità.

La vicenda e la decisione della Cassazione

Nel caso in esame, il gestore era stato condannato a 6 mesi per la morte di un centauro avvenuta in pista.

L’incidente si è verificato quando la vittima, percorrendo il rettilineo principale del circuito, non ha impostato la curva e si è schiantata contro un muro. L’incidente è avvenuto a circa 70 km/h, con la moto che ha effettuato un “volo balistico” sopra una zona neutra prima dell’impatto.

Nonostante la Corte di appello avesse riconosciuto l’omologazione corretta del circuito, ha ritenuto che il gestore avrebbe dovuto effettuare ulteriori valutazioni sulla sicurezza. Tuttavia, la Cassazione ha bocciato questa interpretazione, affermando che non è possibile aspettarsi che tutti i pericoli siano rimossi o che l’intero impianto sia modificato oltre le normative esistenti.

Come definisce la Cassazione il dovere di vigilanza del gestore?

Secondo la giurisprudenza, il dovere del gestore si limita alla vigilanza sul rispetto delle regole interne dell’impianto e delle normative speciali o dei regolamenti delle federazioni sportive. Nel caso specifico, il circuito rispettava le misure richieste dalla Federazione Motociclistica Italiana.

Qual è stata la conclusione della Corte per il caso del gestore del circuito motociclistico?

La Corte ha concluso che il gestore era tenuto a seguire la disciplina delle federazioni sportive senza essere obbligato a comportamenti che superassero le previsioni regolamentari. Di conseguenza, il gestore aveva adempiuto tutti gli obblighi previsti, affidandosi alle normative della Federazione Motociclistica Italiana e alle omologazioni del circuito.

FONTE INTERNET

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