Milano: Investigatore Privato; Leggi e norme che definiscono la convivenza in Italia e le sue implicazioni per la vita di coppia.

 

Leggi e norme che definiscono la convivenza in Italia e le sue implicazioni per la vita di coppia.

La convivenza è un concetto sempre più frequente nella società contemporanea, con importanti implicazioni legali. Determinare quando due persone sono considerate conviventi è fondamentale per comprendere i diritti e i doveri che ne derivano. In questo articolo analizzeremo i fattori che definiscono la convivenza in Italia e le sue conseguenze giuridiche.

* Cos’è la convivenza secondo la legge italiana?

* Quali sono le differenze tra coppie sposate e coppie conviventi?

* Cosa accomuna le coppie sposate con quelle conviventi?

* Quali sono i criteri per essere considerati conviventi?

* La convivenza è equiparabile al matrimonio o all’unione civile?

* Come si può formalizzare la convivenza?

Cos’è la convivenza secondo la legge italiana?

La convivenza si riferisce a una situazione in cui due persone vivono insieme stabilmente, condividendo la vita quotidiana, senza essere sposate (per quelle eterosessuali) o legate da un’unione civile (per quelle omosessuali).

 

 

La legge italiana riconosce e regola questa forma di coabitazione, attribuendo ai conviventi una serie di diritti e doveri, quasi gli stessi ormai che hanno le coppie sposate. Difatti, nell’interpretazione della giurisprudenza, ciò che conta è principalmente la formazione della famiglia che non il tipo di vincolo prescelto dalle parti.

In particolare, l’articolo 1 comma 36 della Legge 20 maggio 2016, n. 76, definisce i conviventi di fatto come due persone maggiorenni, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da unione civile, unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso Comune.

Possono essere considerate conviventi tanto coppie eterosessuali quanto coppie omosessuali, indipendentemente dalla cittadinanza di entrambi.

Quali sono le differenze tra coppie sposate e coppie conviventi?

Al netto di tutte le assimilazioni che ormai la Corte Costituzionale e la Corte di Cassazione hanno fatto tra le coppie sposate e quelle conviventi, possiamo dire che le uniche differenze sono le seguenti:

 

 

* per le coppie di conviventi non c’è bisogno di un processo legale per separarsi;

* per le coppie di conviventi non è previsto l’obbligo di fedeltà;

* il partner economicamente più debole non ha diritto all’assegno di mantenimento in caso di cessazione della convivenza, salvo diversa previsione in un eventuale contratto di convivenza;

* i conviventi non sono eredi legittimi l’uno dell’altro. Per far sì che ciò avvenga è necessario redigere un testamento;

* al convivente superstite non spetta il diritto di abitazione alla morte del proprietario dell’immobile se non per un periodo brevissimo pari a due anni o, se superiore, a quello della convivenza, ma mai superiore a cinque;

* al convivente non spetta la pensione di reversibilità;

* i conviventi non possono stipulare un fondo patrimoniale come le coppie sposate.

Cosa accomuna le coppie sposate con quelle conviventi?

Gran parte della disciplina prevista per le coppie sposate vale anche per i conviventi. Facciamo qualche esempio:

* al convivente spettano i permessi della legge 104 per assistere il partner disabile;

* al convivente collocatario dei figli spetta l’assegnazione della casa familiare se la coppia si separa;

* l’ex partner convivente deve versare l’assegno di mantenimento per i figli in caso di separazione;

* le spese fatte durante la convivenza si considerano come conseguenza dell’obbligo di solidarietà familiare e pertanto, in caso di separazione, non devono essere restituite;

* i conviventi hanno il dovere di assistenza reciproca;

* in caso di malattia o di ricovero, i conviventi di fatto hanno diritto reciproco di visita, di assistenza nonché di accesso alle informazioni personali, secondo le regole previste per i coniugi e i familiari;

* al convivente di fatto che presti stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro convivente spetta una partecipazione agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, commisurata al lavoro prestato. Il diritto di partecipazione non spetta qualora tra i conviventi esista un rapporto di società o di lavoro subordinato.

Quali sono i criteri per essere considerati conviventi?

Per essere considerati conviventi, è necessario che ci sia una coabitazione stabile e continuativa. Non è sufficiente una semplice condivisione dell’abitazione; è richiesta una relazione affettiva e una vita in comune che implichi l’assunzione reciproca di obblighi morali e materiali. Di norma è richiesta anche una relazione sessuale, ma questa chiaramente non è suscettibile di controllo.

La convivenza è equiparabile al matrimonio o all’unione civile?

No, la convivenza non è equiparabile né al matrimonio né all’unione civile. I conviventi non godono della totalità dei diritti e delle protezioni previste per le coppie sposate o legate da unione civile, specialmente in termini di eredità, benefici fiscali e assistenza sanitaria.

Come si può formalizzare la convivenza?

La convivenza può essere formalizzata attraverso la dichiarazione di convivenza in Comune e la registrazione come unico nucleo familiare.

Inoltre è possibile la stipula di un “contratto di convivenza” davanti a un notaio o a un avvocato, che definisce i diritti e i doveri reciproci di natura economica o personale. Questo contratto fornisce una certa sicurezza legale, ma non equipara la convivenza al matrimonio o all’unione civile. Col contratto di convivenza si può anche definire una comunione dei beni oppure l’ammontare di un mantenimento in caso di separazione.

FONTE iNTERNET

 

Articolo precedente
Milano; Agenzia Idfox Srl Investigatore Privato;Rottura del fidanzamento: le conseguenze legali
Articolo successivo
AMBROSIANA Risarcimenti: Quali sono i limiti alla responsabilità del gestore di impianti sportivi pericolosi secondo la Cassazione?
Menu