Appropriazione indebita di dati informatici. Agenzia IDFOX Investigazioni È reato sottrarre i file mediante copiatura da un personal computer aziendale affidato per motivi di lavoro e restituito con hard disk formattato?

Appropriazione indebita di dati informatici. Agenzia IDFOX Investigazioni

È reato sottrarre i file mediante copiatura da un personal computer aziendale affidato per motivi di lavoro e restituito con hard disk formattato?

Il file informatico possiede una dimensione fisica particolare, costituita dalla grandezza dei dati che lo compongono. Presenta, inoltre, la caratteristica di essere trasferibile da un sistema all’altro, ovvero attraverso internet, pur mantenendo inalterate le proprie caratteristiche. Esso è pertanto considerato cosa mobile. Ora, molto spesso sorgono controversie proprio in relazione a vicende nelle quali gli impiegati di alcuni uffici o attività, dimessisi o licenziati per svariati motivi, o in procinto di cambiare aria, ufficio, o addirittura attività, copiano dati informatici presenti su computer aziendale prima di andare via. La domanda che molti si pongono, in buona sostanza, è se questi dati abbiano natura di cosa mobile ai sensi della legge penale e quindi se l’attività posta in essere integri l’appropriazione indebita di dati informatici.

Indice

* Le entità digitali sono beni immateriali?

* Cosa si intende per cosa mobile ai sensi della legge penale?

* Il file informatico può essere oggetto di furto o di appropriazione indebita?

* Quale reato integra sottrarre i file dal computer aziendale?

* Considerazioni personali

Le entità digitali sono beni immateriali?

Fino a non molto tempo fa si riteneva che la particolare natura delle entità digitali rappresentasse un ostacolo logico alla integrazione del reato di appropriazione indebita. Trattandosi di cose immobili, si diceva, non possono essere in nessun modo fatte proprie e quindi nessun reato si configura, sia esso quello di furto o di appropriazione indebita. La copiatura non autorizzata era quindi considerata una semplice “presa di conoscenza” che non comportava la perdita del possesso dei file da parte del legittimo possessore. Pur essendoci insomma un ingresso dei dati nel patrimonio dell’agente, non si riscontrava un impossessamento esclusivo con conseguente spoliazione del titolare della disponibilità.

 

Cosa si intende per cosa mobile ai sensi della legge penale?

Prima di verificare se ed eventualmente come sia cambiato il concetto di file come cosa mobile, è opportuno partire dal concetto di cosa mobile ai fini penali. Alla esplicitazione del concetto ha pensato la dottrina, composta da autorevoli giuristi, secondo la quale rientra nel genere di cosa mobile ogni entità materiale, diversa dall’uomo e dal cadavere, idonea a essere trasportata da un luogo a un altro secondo la sua funzione sociale e che sia capace di soddisfare un bisogno umano, materiale o spirituale. Il requisito della definitezza spaziale consente di escludere, dalla categoria delle cose mobili, il cielo, la pioggia e la neve. Il requisito della esistenza autonoma consente di escludere il corpo umano nella sua interezza, eccetto le parti separabili, come il sangue destinato alla trasfusione o un organo destinato al trapianto. In questi due casi, trattandosi di cose mobili come detto separati dal corpo, è possibile la configurabilità dei reati di furto o di appropriazione indebita.

Il file informatico può essere oggetto di furto o di appropriazione indebita?

Considerata la nozione informatica e comunemente accolta di file, inteso quale insieme di dati, archiviati o elaborati, cui sia stata attribuita una denominazione secondo le regole tecniche, non può negarsi che esso possieda una specifica dimensione fisica. I dati dunque non sono affatto immateriali, anzi, rappresentano delle tipiche espressioni di leggi fisiche, grazie alle quali è possibile fissarli sui dispositivi magnetici o ottici che li comprendono; e anche quando sono in fase di elaborazione da parte della macchina, sono costituiti da impulsi elettrici che esprimono combinazioni di simboli numerici, quali riproduzioni di concetti.

Queste cifre, comunemente chiamate bit, si raggruppano, in numero di otto, in celle, denominate convenzionalmente byte. Si tratta quindi di entità che occupano una porzione di memoria quantificabile, la cui dimensione dipende dalla quantità di dati che in essa possono essere contenuti, e possono subire operazioni (quali appunto la creazione, la copiatura e l’eliminazione) tecnicamente registrate o registrabili dal sistema operativo.

Il dato quindi possiede tutti i requisiti di mobilità della cosa: la definitezza spaziale, perché risulta delimitata all’interno del computer ove occupa una porzione specifica di memoria; l’esistenza autonoma, in quanto non si trova in rapporto di dipendenza con nessun altro elemento presente nell’ambiente informatico al quale appartiene; la suscettibilità di essere spostato da un luogo a un altro, poiché può muoversi oppure essere spedito.

Considerato infine il valore patrimoniale che rivestono le informazioni racchiuse nei file, possiamo affermare che l’identità digitale, pur non essendo materialmente tangibile, è fisicamente identificabile e riconducibile nell’ambito della categoria delle cose mobili. Il complesso di queste caratteristiche conferma sul piano logico la possibilità che il dato informatico sia in grado di formare oggetto di condotte di sottrazione e appropriazione.

 

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